Nel 2010 ho conosciuto Lorena, la mamma di Francesco, un piccolo bambino che a 21 mesi e 1 settimana è volato in cielo per un chicco di uva. Le parole di Lorena mi sono entrate nel sangue, nella mente , nella mia vita e non mi hanno mai abbandonato.
Un chicco di uva, lo imparerete quando farete il corso, con le manovre approvate a livello internazionale e che cambiano ogni 5 anni, può essere estratto dalle vie aeree con semplicità.
Basta aver frequentato un corso ed avere sangue freddo.
La tecnica è semplice quanto banale: si mette il bambino in posizione, si effettuano le manovre fino a che non esce il corpo estraneo. Nel caso in cui non esce e il bambino diventa incosciente, si fa chiamare il 118 e si iniziano le manovre di rianimazione cardiopolmonare pediatriche.
Molti bambini nel mondo sono stati SALVATI davvero con queste tecniche, io stesso ho più di 450 lettere di mamme , papà, nonni, baby sitter che lo hanno dimostrato con i fatti e…scritto.
Ma dove non arriva questa informazione possono accadere tragedie infinite.
In Canada la Società dei Pediatri ha emanato delle raccomandazioni per le quali si consiglia , quando si somministra ai bambini l’uva, di tagliare il chicco in 4 pezzettini piccoli.
Questa semplice accortezza ha permesso la drastica riduzione di incidenti domestici e scolastici.
Il Chicco di Uva è appetitoso e dolce, ma è rotondo e una volta reso umido dalla saliva, scivoloso.
E’ quindi importante applicare i due tipi di prevenzione: prevenzione PRIMARIA ( taglio il chicco di uva in 4 pezzetti), e PREVENZIONE SECONDARIA (faccio il corso PBLS e Manovre Disostruzione Pediatrica io, la baby sitter, mia madre e mio marito).
Ancora oggi in alcuni asili vi sono maestre che si permettono di giudicare “ eccessive” le mamme che chiedono l’applicazione di queste semplici regole che in alcuni stati del mondo sono “raccomandazioni” o legge.
A queste persone, a chi giudica eccessiva l’attenzione dimostrata per questa tematica, a chi guarda con superficialità e senso di inutilità tutto questo, consiglio di leggere la lettera che nel 2010 ho ricevuto da Lorena, e che è stata per me la pietra d’angolo del progetto che da oltre 10 anni porto avanti con passione ed amore senza sosta, insieme a chi crede sul serio nel valore della Vita e della tutela di essa per mezzo della informazione e formazione .
“Caro Marco, non mi è facile scriverti questa lettera. Vorrei parlarti di mio figlio.Si chiamava Francesco Aloise. Era nato il 29 ottobre 2007 ed è morto quella maledetta sera del 5 agosto 2009 soffocato da uno stupido chicco d’uva. Ero insieme a mio marito e non siamo riusciti a salvarlo. Continuamente mi riviene in mente quella tragica sera. Io e mio marito abbiamo agito presi dal panico richiamando alla memoria ricordi di racconti familiari. Mio marito ha preso Francesco per i piedi battendogli dietro la schiena e io gli ho messo le dita in bocca alla spasmodica ricerca di quel chicco d’uva, mentre la vita di mio figlio ci stava sfuggendo velocemente e disperatamente tra le mani. A nulla è valso l’intervento del 118. Hanno tentato di rianimare Francesco. Ma è stato del tutto inutile. E’ giunto cadavere in ospedale. Il dottore del Pronto Soccorso ci disse che la colpa è della società che non ci insegna ad intervenire in modo corretto in caso di soffocamento. Al che ho chiesto cosa avrei dovuto fare per salvare mio figlio. E la dottoressa del 118, che per prima aveva soccorso Francesco, mi ha afferrato da dietro stringendomi forte con le braccia sopra il diaframma. Non si riesce ad accettare la morte di un figlio. E’contro natura. Oltre al grandissimo dolore, si prova un forte senso di colpa e tanta rabbia. Le persone che mi sono state vicine hanno tentato di rincuorarmi dicendomi “E’ stata una fatalità”, oppure “Era il suo destino” Le varie spiegazioni non mi convincevano. Dovevo capire. Ho cominciato a cercare su Internet e ho trovato il tuo sito www.manovredisostruzionepediatriche.com. Con le lacrime agli occhi ho visto e rivisto le immagini dei video che mi facevano vedere quelle semplici mosse che avrebbero potuto salvare mio figlio e che in quei pochi momenti che abbiamo avuto a disposizione, purtroppo, né io nè mio marito conoscevamo. Sono voluta venire da Milano a Roma ad una tua lezione interattiva per conoscerti personalmente e ringraziarti per il grande lavoro che fai nel fornire alle mamme, ai papà, ai nonni, alle maestre gli strumenti che consentono di salvare il bene più prezioso: i loro bambini. Ti voglio mandare una foto di mio figlio. Quando è morto aveva solo 21 mesi e 1 settimana.
Lorena, mamma di Francesco
Monza , maggio 2010.